Dopo due sequestri (annullati dal tribunale del riesame e dalla Cassazione) dell’impianto di produzione di energia elettrica da biomasse della società Cinigiano Agri Power Plus di Cinigiano e una complessa istruttoria dibattimentale, che ha impegnato il tribunale per ventuno udienze, è arrivata oggi l’assoluzione per tutti gli imputati della presunta “truffa del biogas” con la formula “il fatto non sussiste”.
Il PM dott. Salvatore Ferraro aveva chiesto, in relazione all’accusa di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (artt. 640 e 640bis c.p.), la pena di 1 anno e 6 mesi per Andrea Salzillo, direttore dei lavori e responsabile dell’impianto; Giovanni Di Meo, amministratore delegato dal settembre 2012 al marzo 2014 e successivamente componente del cda; Nicolò Marzano, presidente del cda dal marzo 2014; Antonio Pinto e Biagio Vallefuoco, componenti del cda di Renewex e co-amministratori di fatto della Cinigiano (tutti difesi dall’avv. Alessandro Antichi); Marzio Scheggi (difeso dagli avv. Fabio Tavarelli e Giada Isidori) presidente della società fino all’ottobre 2013; Alessandro Metz, componente del cda della Cinigiano (difeso dall’avv. Franco Ciullini). Richiesta di pena più alta (1 anno e 8 mesi) a causa di due precedenti per Giancarlo Batignani (difeso dall’avv. Stefano Del Corto del Foro di Siena) redattore della relazione tecnica relativa al Piano di miglioramento agricolo.
Secondo l’accusa la Cinigiano Agri Power Plus avrebbe percepito indebitamente incentivi economici pubblici a sostegno della produzione di energia rinnovabile poiché avrebbe usufruito di un meccanismo più remunerativo grazie a false attestazioni sull’entrata in esercizio dell’impianto in data antecedente al 31.12.2012, sfruttando la mancanza di controlli e l’assenza di comunicazioni tra il Gestore dei Servizi Energetici (costituito parte civile nel processo con una richiesta risarcitoria di oltre due milioni e mezzo di euro) e gli altri enti competenti, in particolare la Provincia di Grosseto.
L’accusa ha affermato che l’impianto non era, in realtà, in grado di funzionare (una «attivazione farlocca», l’ha definita il PM nella requisitoria) e che, una volta entrato a regime, non poteva essere alimentato con le sole biomasse prodotte dall’azienda agricola, neppure nella misura più limitata del 49% prevista dal piano territoriale di coordinamento della Provincia di Grosseto.
Il PM aveva comunque chiesto non doversi procedere per estinzione per prescrizione per il secondo capo di imputazione (Salzillo, Di Meo, Marzano), cioè per gli scarichi senza autorizzazione di reflui.
Le difese hanno invece dimostrato che l’entrata in esercizio dell’impianto era effettivamente avvenuta il 27.12.2012 (nei termini previsti dal dm 18.12.2008) poiché in quella data era stato effettuato il primo funzionamento dell’impianto in parallelo con il sistema elettrico, mentre l’entrata in esercizio commerciale (con la fruizione degli incentivi) era regolarmente avvenuta l’8.5.2013 dopo il previsto periodo di avviamento e collaudo.
Inoltre, le difese, con l’apporto tecnico dei loro consulenti e in particolare del dott. Domenico Saraceno per la parte agronomica, hanno dimostrato che l’azienda agricola era perfettamente in grado di produrre le quantità di biomasse necessarie per la corretta alimentazione dell’impianto e che dunque nessuna truffa era configurabile.
Esaurita la discussione, il giudice monocratico dott. Andrea Stramenga ha pronunziato alla udienza odierna sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste per tutti gli imputati in relazione al capo A (truffa aggravata) e di prescrizione per il capo B (scarico non autorizzato).
La società, incolpata per il fatto dei suoi amministratori ai sensi della l. 231/2001 sulla responsabilità amministrativa da reato, difesa dall’avv. Giovanni Niccolò Antichi, è stata assolta da ogni addebito.
In conseguenza della pronunzia assolutoria il tribunale non si è pronunziato sulla domanda di risarcimento del danno formulata dalla parte civile, il Gestore dei Servizi Energetici, difeso dall’avv. Alessia Liistro del Foro di Roma.
Il termine per il deposito della motivazione è fissato in 90 giorni.